C’è chi storcerà il naso, chi penserà “Eh però, questo vino lo vorrei proprio provare”. Oggi parliamo della più antica cantina che ha lasciato interessanti tracce di sé, quella di Nahariya, in Israele dove sono state ritrovate, in quella che un tempo era una dispensa familiare, ben 40 anfore; a renderle tanto interessanti ci pensa il fatto che un tempo hanno contenuto del vino, dell’ottimo vino verrebbe da dire, per lo meno se lo si giudica con il palato severo di un enologo di 3700 anni fa.
Non era di certo un vino puro, confezionato con il solo utilizzo di uva fresca: d’altronde questo è un traguardo vecchio non più di tre secoli; prima il vino, lo si sofisticava con l’aggiunta di spezie e frutti, utilizzati non solo come aromatizzanti, ma pure come conservanti e antisettici. D’altronde le conoscenze sanitarie e le condizioni igieniche dovevano avere davvero poco a che vedere con le nostre.
Per ovviare il problema del proliferare dei batteri gli assiro babilonesi ad esempio aggiungevano al vino del miele e del mosto cotto, in Georgia ed Israele si metteva invece un po’ di tutto, dalle susine mature alle albicocche, pere e mele. Il vino d’altronde doveva essere dolce, buono, invitante: non lo si degustava per trascorrere una serata tra amici, il vino era piuttosto un liquido utilizzato durante lo svolgimento dei rituali sacri: la sua gradevolezza era d’obbligo.
Quello ritrovato nella cantina a nord i Israele non fa eccezione: le analisi delle quaranta anfore che sarebbero state utilizzate probabilmente durante qualche banchetto parlano chiaro, il vino antico di 3700 anni conteneva menta, cedro, miele ma anche resina e cannella.
Se ti stai chiedendo che gusto doveva avere questo vino, non sei il solo. Attilio Scienza, docente di Viticoltura a Milano è convinto che un paragone con un vino di oggi sia possibile: il vino primordiale doveva avere un gusto paragonabile, probabilmente alla lontana, al Moscato di Pantelleria che per altro ancora oggi viene fatto seguendo quella tecnica antica consigliata da Esiodo, ossia aggiungendo uva passa al vino di base con lo scopo di addolcire il già delizioso liquido.
E’ piuttosto probabile che questa tecnica di confezionamento del vino si sia lentamente diffusa in tutto il mediterraneo. La tecnica per altro doveva essere già piuttosto assodata visto che in Iraq, antiche di 6 mila anni, sono state ritrovate anfore contenenti residui di vino ricavato con l’uso di uva e altra frutta.
Insomma una tradizione enologica antica, perduta, ma che inevitabilmente incuriosisce ancora oggi.
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