Se la scuola francese in fatto di abbinamenti vino cibo ha condiviso con il mondo intero il suo decalogo, la risposta della scuola italiana, in buona parte guidata dal metodo Mercadini, certo non si è fatta attendere, affrontando il problema da un punto di vista diverso e preferendo a regole ferree abbinamenti capaci di analizzare le diverse casistiche.
Andando sul concreto, le tipologie di abbinamenti previsti dalla scuola italiana sono quattro (+1) e hanno davvero poco da invidiare al decalogo made in France.
Nello specifico i criteri di abbinamento italiani sono quello per tradizione, per stagioni, per spinta psicologico-poetica e per valorizzare.
L’abbinamento per tradizione fa leva sulle abitudini enogastronomiche tradizionali del territorio, tenendo in considerazione ragioni di tipo storico ma anche culturale. E’ la tradizione a farla da padrone e gli abbinamenti consigliati sono quelli tramandati di generazione in generazione. Un esempio concreto di abbinamento tradizionale sono le orecchiette con cime di rapa e il Gravina di Puglia o le lasagne alla bolognese e il Lambrusco di Sorbara, ma anche la cassata siciliana ed il Passito di Pantelleria.
Insomma abbinamenti classici ai quali è difficile dire di no.
L’abbinamento legato alle stagioni segue, come è ovvio, l’andamento stagionale e tiene in considerazione soprattutto il clima. Durante la stagione calda in effetti si consumano comunemente cibi leggeri, freschi, che normalmente contengono pochi grassi; si preferiscono le verdure, il pesce, ma anche i molluschi, i crostacei e le insalate di vario genere. Ben diverso il discorso da farsi per la stagione fredda, durante la quale i cibi sono caldi, strutturati, più ricchi di grassi e con maggiore apporto calorico.
Il risultato è che i piatti legati alla stagione calda vadano a braccetto con vini bianchi e rosati, freschi, meno strutturati, a preferenza frizzanti. Si tratta di vini serviti a basse temperature che non di rado vengono affiancati da rossi giovani, anch’essi serviti freddi, quando ovviamente il piatto ha una struttura tale da richiederlo. Seguendo questa logica di abbinamenti i piatti invernali conditi con sughi, a base di carni rosse, ricchi di principi nutritivi, richiedono vini rossi strutturati, maturi, che è consigliabile servire a temperatura ambiente.
Quando parliamo di abbinamenti psicologici ad avere la meglio non è né il piatto né il vino, ma l’evento che se non comune, va necessariamente festeggiato: ecco perché la scelta ricade comunemente su spumanti di qualità o su champagne, su vini rossi notevoli, che il piatto li richieda o meno. Le bottiglie che si conservano per occasioni speciali spesso subiscono abbinamenti psicologici o poetici.
Abbinare per valorizzazione un vino ad un piatto significa esaltare tramite il vino la pietanza o viceversa. In tal senso ad un piatto debole, con un profumo ed un gusto delicato, si può abbinare un vino importante che diventa il protagonista della tavola con il risultato di nascondere totalmente il piatto ed esaltare il vino. Al contrario quando si associa ad un piatto complesso e ricco un vino poco importante, l’obiettivo è quello di fare della pietanza la protagonista.
In verità si tratta di un criterio che viene molto raramente usato dato che lo scopo degli abbinamenti è quello di una valorizzazione reciproca.
Il metodo Mercadini si perfeziona ulteriormente con un quinto abbinamento di cui parleremo in seguito.
E tu cosa ne pensi? Qual è il tipo di abbinamento che utilizzi più comunemente?
Commenta